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IL “FRIEND-SHORING”
PASSA PRIMA DAGLI
STATI UNITI
La scelta non è motivata solo dalle dimensioni del mercato interno ma anche dagli scenari geo-politici e geo-economici globali
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GLI USA SI CLASSIFICANO, PER L’UNDICESIMO ANNO CONSECUTIVO, COME IL PRIMO E FAVORITO MERCATO PER FDI SULLA BASE DEL "2023 A.T. KEARNEY FDI CONFIDENCE INDEX", DAVANTI A CANADA, GIAPPONE, GERMANIA, UK E FRANCIA.
Near-Shoring
L’investimento di M&A, Mergers & Acquisitions, come strategia di crescita dimensionale, è insieme a JV e FDI, una delle 3 forme di ingresso nel mercato Usa per una impresa che vuole “internazionalizzarsi” svolgendo un piano strutturato di market-entry.
La scelta di investire negli Usa è motivata non solo dalla grandezza del mercato interno e della potenzialità di generare nuove domande per beni e servizi grazie alla forte capacità di spesa e della ampia disponibilità di cash sia da parte dei consumatori per acquistare prodotti che da parte di imprese per investire, ma risulta ulteriormente auspicabile in proiezione dei recenti cambiamenti di scenari geo-politici e geo-economici globali che inducono a preferire, se non addirittura a considerare come priorità, l’investire in Paesi sviluppati, geograficamente vicini e amici in ottica di alleanza occidentale, aspetto che contribuisce ad un ulteriore parametro di sicurezza.
Friend-Shoring
Di fatto Janet Yellen, Secretary of Treasury del governo Biden, ha coniato il nuovo termine “friend-shoring” proprio per indicare investimenti e supply-chain in Paesi per l’appunto definiti come “amici” e quindi sicuri, e gli Usa rientrano di diritto e primi della lista in questa categoria.
Il continuo apprezzamento del dollaro americano ben favorisce l’export del Made in Italy fuori dalla EU ed in particolare verso gli Stati Uniti perché grazie al favorevole valore di cambio Usd/Eur i prodotti italiani e l’intero sistema Italia, turismo incluso, risultano oggi meno cari a parità di valore in Euro e questo è un aspetto che sicuramente favorisce la domanda.
Ma se l’export è un driver distintivo dell’economia italiana, soprattutto in assenza di una forte domanda di consumi sia interni che per estensione anche all’interno dei Paesi dell’Unione Europea dove la previsione di crescita del Pil per il 2023, pur positiva varia tra lo 0,2% della Germania e l’1,4% della Spagna, sono gli Usa il mercato target dove puntare le strategie di crescita ed espansione.
Se andiamo poi a guardare come cresce l’economia nei singoli 50 Stati vediamo che ben 4 stati (California, Texas, New York e Florida) generano ciascuno oltre 1 triliardo di dollari di Pil, con un quinto stato (Illinois) prossimo al traguardo, quindi parliamo di stati che se fossero indipendenti sarebbero nelle 15 primarie economie globali.
In particolare la Florida nel 2022 è cresciuta del 4%, più del doppio della media nazionale americana e le previsioni per il 2023 della Florida Chamber Foundation riconfermano l’outlook positivo. Inoltre, le imprese americane così come le società di private equity americane hanno letteralmente ammassato in epoca di pandemia Covid, come si dice qui negli Usa, cash hoards, accumuli di contante, capitale che Moody’s stima in ben 2 triliardi di dollari, e questo innesta la volontà e disponibilità di mettere al lavoro questo capitale attraverso operazioni di investimento quali M&A e JV.
Il Pil americano è previsto in crescita nel 2023 del 0,7% secondo una stima della Federal Reserve, del 0,9% secondo EY, e di un ottimistico 3,1% sulla base delle previsioni del Congressional Budget Office del Congresso americano a Washington.
Nella realtà parliamo della maggiore economia al mondo, gli Stati Uniti, che da sola genera ¼ del Pil globale e dove la spesa mensile per beni di consumo è pari ad 1/3 del Pil italiano.
In questo scenario dinamico gli Usa non sono soltanto il mercato target per l’export per Italia e Francia (per entrambe il primo di destinazione fuori dalla EU) così come sono saldamente il primo mercato di riferimento per l’export del Regno Unito, e il secondo per il Giappone e Corea del Sud.
Gli Usa sono indiscussamente, e a livello globale, il primo mercato di destinazione per progetti strutturati di Internazionalizzazione quali FDI, o IDE (investimenti diretti), M&A e Joint-Ventures.
E in questo ambito i top 4 dei paesi di provenienza di FDI negli Usa sono Giappone, Germania, Canada, UK, Paesi che da soli generano più del 50% del totale degli investimenti esteri negli Stati Uniti.
Se sommiamo anche gli investimenti dei successivi 4 paesi, nell’ordine di valore Irlanda, Francia, Paesi Bassi e Svizzera, arriviamo al 75% del totale degli investimenti esteri in Usa generato da 8 Paesi.
Nel restante 25% si trova il resto del mondo. Parliamo di 405 miliardi di dollari di investimenti FDI negli Usa nel 2021 (ultimo dato disponibile, fonte GBA, Global Business Alliance, Washington, DC) che portano ad uno stock complessivo di investimenti del valore di 5 triliardi di dollari per il solo 2021 (fonte World Investment Record 2022 della United Nations), principalmente nei settori manifatturiero (che da solo rappresenta il 40% e al cui interno oltre il 40% è rappresentato dal settore farmaceutico) e a seguire da elettronica,alimentare, bevande, medicale, macchinari, trasporti), wholesale trade, retail trade, finanza, servizi, logistica, tech, IT e real estate.
Un incremento di ben +143,6% rispetto ai 151 miliardi di FDI del 2020, dovuto principalmente ad un aumento di quelle acquisizioni definite come “cross-border M&A” e che hanno sperimentato un +54% degli investimenti in equity mentre gli investimenti greenfield hanno visto un aumento del +28% e che nel 2021 sono stati ben 1671.
Ma non solo: i profitti generati nel 2021 e reinvestiti sono stati di ben 200 miliardi di dollari, il più alto livello mai registrato.
Inoltre, stando ai dati della l’International Trade Administration parte del Department of Commerce, questi investimenti esteri contribuiscono un 16% della R&D, ricerca e sviluppo, americana e alimentano ben 8 milioni di posti di lavoro.
Nel 2022 sono state ben 8.468 le operazioni di M&A concluse negli Stati Uniti, per un totale di oltre $1,6 triliardi e oltre 13.000 le Joint-Ventures formate (inclusive di partnerships e ristrutturazioni), spaziando trasversalmente da accordi plurimiliardari, in termini di dollar value, a transazioni di “pochi” milioni di dollari per rafforzare la presenza nel mercato.
Dal fronte Italia, il Ministero degli Affari Esteri registra in €5,5 miliardi il valore di FDI svolti nel 2021 negli Stati Uniti, suddivisi tra:
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Come illustrato nell’articolo di Marzo 2023 sul tema della Registrazione Societaria negli Usa, e come registriamo noi di MTW GROUP qui negli Stati Uniti, la costituzione di una LLC, Limited Liability Company, è la forma di entità legale più utilizzata da investitori stranieri e di fatto la maggioranza delle imprese frutto di M&A e di investimenti greenfield sono LLC.
Ampia libertà e facilitazioni vengono riconosciuta agli investitori stranieri sia in termini di compliance che di fiscalità e gli FDI vengono valutati dal CFIUS, Committee on Foreign Investment in the United States, ai fini della tutela e protezione contro possibili rischi alla sicurezza nazionale che un investimento estero può comportare per alcuni settori di business considerati come strategici per gli Stati Uniti (p.e. energia, difesa) e per questo entra in azione anche il FIRRMA, Foreign Investment Risk Review Modernisation Act, in vigore da Febbraio 2020.